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lunedì 24 settembre 2018

CENTUMCELLAE (oggi Civitavecchia - ROMA) CAPITALE DELL’ARIANESIMO


Quando il suo vescovo Epitteto II faceva e disfaceva papi, patriarchi, vescovi e santi

 

 


Leggere, anzi immaginare – dato che biblioteche, libri e documenti furono bruciati - la storia di Centumcellae, le vicende che ne precedettero la nascita e quelle che seguirono alla sua cancellazione, per certi versi è più appassionante di un romanzo noir.
            L’immaginazione ci porta al periodo quando Centumcellae raggiunse il massimo della sua potenza sotto il Vescovo Epitetteto II, che dalla Cattedrale Ariana “in acclesiam beati Petri apostoli Centumcellensis”, faceva e disfaceva papi, patriarchi, e vescovi Santi come Lucifero di Cagliari, e al Concilio di Rimini legò davanti al suo cocchio un vescovo Rufiniano, frustando i cavalli e facendolo correre fino a fargli scoppiare il cuore.
            Da Centumcellae s’irradiava la dottrina ariana che - dichiarata eretica dalla Chiesa - riemerse al di fuori dei confini dell’impero, nella penisola arabica dove, con una sorta di sincretismo confluì nell’Islam, religione inizialmente considerata una eresia del Cristianesimo.
            Centumcellae - città fedelissima agli imperatori d’oriente, fortezza bizantina, porto dove gli esattori imperiali inviavano le tasse riscosse in Italia a Costantinopoli - spina nel fianco di Roma – in contatto coi “barbareschi” Siciliani, Amalfitani, Napoletani, Gaetani, Corsi e Spagnoli, le cui flotte imponevano onerose gabelle alla chiesa di Roma, finché i papi, con l’aiuto dei Franchi e dei Pisani riuscirono a mettere freno ai soprusi di questi “saraceni”.
            Centumcellae fu spianata, i suoi capi - fedeli agli imperatori bizantini - uccisi, la popolazione dispersa e il nome – che incuteva spavento - cancellato per sempre e sostituito con un “non-nome”: Cività Vecchia.
            La diocesi di Centumcellae – reciso il cordone ombelicale con Costantinopoli - fu soppressa, la cattedra vescovile passò a Viterbo e tornò qui solo dopo un millennio. Analoga sorte toccò a gran parte delle altre città “ariane” della Tuscia e dell’agro romano su sponda destra del Tevere – epicentri di eresie e trame eversive, fino ai nostri giorni - spianate, sotterrate, ripopolate secoli dopo con nuove genti provenienti da lontano e rinate con un nuovo nome. Di Epitteto II non esiste nessuna immagine, della sua Centumcellae e della Cattedrale di San Pietro Centumcellensis, che faceva concorrenza alla Basilica di San Pietro, non è rimasta traccia.
            Ultime in ordine di tempo a essere spianate, furono le città di Castro, capitale dell’omonimo ducato di cui resta il cratere - su cui domina un crocifisso con la scritta “qui fu Castro” e Santa Marinella, il cui progetto di “Città del Sole”, del Principe Taddeo Barberini, nipote di Papa Urbano VIII, fu stroncato sul nascere, quando papa Innocenzo X, successore di Urbano, non avendo particolarmente in simpatia i Barberini, diede ordine di smantellare pietra su pietra il nuovo porto di Santa Marinella, appena ultimato. Oggigiorno Castro è ancora diruta, mentre il porto di Santa Marinella dopo quattro secoli è rinato, ma il grandioso progetto dei Barberini della Santa Marinella “Città del sole”, è ancora lì, sulla carta! Nel frattempo i Barberini si sono estinti.

            Sembrano vicende lontanissime, diatribe per noi astruse e incomprensibili, invece la linea di frattura che si produsse allora, nell’impero romano, nel dibattere sulla natura del Cristo, era destinata a durare fino a oggi e sempre provocando tragedie. Il confine fra l’impero di Occidente e d’Oriente separava il Papa di Roma dal Patriarca di Costantinopoli, finché sei secoli dopo divenne un vero scisma fra Cattolici e Ortodossi, che tante volte si cercò di ricucire, sempre invano. Fu quella linea, che, immutata, divide ancora oggi i Balcani, a trasformare la regione nella “polveriera d’Europa”. Sempre su quella linea, dopo infiniti conflitti regionali, si sarebbero ferocemente combattute le due guerre mondiali e anche quelle della ex Jugoslavia nel decennio 1991-2001.

 



            Secondo alcuni la conclusione di questo “romanzo storico noir” è che l’Impero Romano non cadde perché un bel giorno qualche migliaia di uomini brutti, che gli storici definiscono barbari, conquistarono un Impero con centinaia di migliaia di legionari ben equipaggiati ed addestrati.  Non furono le invasioni dei barbari a bruciare i libri e le biblioteche e a distruggere i templi dell’Impero Romano, ma gli editti contro le religioni politeiste che emanavano gli imperatori stessi: l’arte classica fu depredata e usata come materiale per costruire. I condottieri che falsamente gli storici hanno definito barbari e invasori, in realtà erano generali dell’Impero d’Oriente o di Occidente che si facevano la guerra tra di loro: Alarico, Genserico… . Non erano condottieri di un popolo, ma generali dell’Impero. Erano sì di origine germanica o slava, ma i generali in quel periodo lo erano un po’ tutti”.



Figura 2 Progetto dei Barberini di rinascita di S.Marinella, fortezza (oggi passeggiata a mare) Città (oggi zona di Caccia Riserva) Castello (Oggi proprietà Odescalchi), Porto (oggi in concessione alla Porto Romano)




Figura 3 S.Marinella – porto realizzato dal Principe Taddeo Barberini, nipote di Papa Urbano VIII e demolito da Papa Innocenzo X


APPENDICE STORICA E BIBLIOGRAFICA:

Epitteto Vescovo di Centumcellae nomina (355) l’antipapa Felice nativo di Ceri.

Dall’interrogatorio del VESCOVO di ROMA Liberio (i vescovi di Roma ancora non si chiamavano PAPA).

 - L’imperatore Costanzo disse:
Sia perché sei cristiano, sia perché sei vescovo della nostra città noi abbiamo ritenuto giusto convocarti e ti chiediamo di rifiutare la comunione con l’indicibile follia dell’empio Patriarca di Alessandria Atanasio, un concilio ha stabilito che egli è estraneo alla comunione della Chiesa. Dato che Tu aspiri alla comunione con le Chiese, voglio rimandarti a Roma. Per questo lasciati persuadere dalle necessità della pace: firma e torna a Roma”.
- Liberio:
 Ho già detto addio ai fratelli di Roma. Le leggi della Chiesa sono più importanti della mia residenza a Roma”.
- L’imperatore:
Dunque hai 3 giorni per riflettere; se vuoi, firma e torna a Roma, oppure decidi in quale luogo vuoi essere spostato”.
- Liberio:
3 giorni non possono mutare la mia decisione; mandami dove vuoi”.
- Epitteto Vescovo di Centumcellae:
O Imperatore. Liberio opponendosi a te, oggi non parla né per fede, né per i giudizi della Chiesa, ma perché possa vantarsi tra i senatori romani di aver convinto l’Imperatore

L’imperatore, interrogato Liberio dopo 2 giorni e avendolo trovato sempre dello stesso parere, lo fece esiliare a Berea, in Tracia, alla sua partenza gli inviò 500 monete d’oro per le spese. Liberio disse a chi gliele aveva portate: “Vattene e rendile all’imperatore; infatti ne ha bisogno per darle ai suoi soldati”. Anche l’imperatrice gli inviò la stessa somma. Liberio disse: “Dalle all’imperatore; ne ha bisogno infatti, per le spese di viaggio dei soldati. Se non ne ha bisogno l’imperatore, le dia ad Aussenzio e a Epitteto di Centumcellae: loro ne hanno bisogno”.
                Mandato in esilio Liberio, EPITTETO insediò l’Antipapa Felice: in un palazzo imperiale (forse Milano) con 3 eunuchi (vescovi indegni) incaricati di rappresentare il popolo.
                Buona parte dei cristiani fino al VII sec. aderiva alle tesi dell’Arianesimo, che Dio è il Principio Unico, eterno ed ingenerato, mentre Cristo, il Figlio generato da Dio, ha avuto inizio nel tempo e la sua natura divina è inferiore a quella di Dio. Sicuramente il nascente Islam fu influenzato da questa dottrina ariana, ancora molto diffusa all’epoca di Maometto, infatti per i musulmani Gesù è stato il più grande Profeta dopo Maometto, ma non è Dio: Dio è solo Allah.
                La posta in gioco contro l’arianesimo era fondamentale: ammettere una qualche inferiorità del Figlio rispetto al Padre significava togliere la specifica novità del Cristianesimo, quella di un Dio che si fa uomo. La religione era considerata dagli imperatori uno strumento di governo al proprio servizio dell’imperatore e l’arianesimo poiché subordinava la chiesa ai re, trovò ampi consensi anche tra le popolazioni germaniche convertitesi al cristianesimo: longobardi, goti, vandali di Spagna.
                I vescovi di Centumcellae risiedevano presso il porto, e la cattedrale Ariana di San Pietro - in concorrenza con la Cattolica basilica di San Pietro in Roma - pare fosse a Prato del Turco; questa Ecclesia Petri apostoli in Centumcellis risultava essere ancora in piedi nell’821, come riporta il Liber Pontificalis (biografia Papa Pasquale I).
                Nel 315 risulta Vescovo « a Centumcellis »  Epictetus I, elencato tra i partecipanti al Concilio di Arles indetto da Papa Silvestro I.
                Gli successe Epictetus II, un vescovo straniero di sicura fede ariana, uomo di fiducia e “spia” dell’imperatore. Epitteto II, viene inoltre definito da s. Atanasio patriarca di Alessandria d’Egitto (P. G., XXV, 785) «neofita e giovane audace », «istrione» (Migne, P. G., XXV, 554, 785). L’imperatore Costanzo “lo ebbe amico, perché lo trovò pronto a tutti i misfatti, a insidiare i vescovi per far piacere all’imperatore; lo intruse nel seggio di Centumcellae, forse (cf. Duchesne, Hist. anc. de l’Ègl., Il, 260, 452) perché sorvegliasse da vicino il papa.”
                Lucifero, vescovo di Cagliari, lo definisce « haereticus », « servus » dell’imperatore Costanzo II (350-61), « satelles » di Costantino I ( 337) (cf. vol. XIV del CSEL, pp. 15 e 299).
                Nel 356 Epitteto II intervenne al burrascoso colloquio tra il papa Liberio e l’imperatore a Milano; durante il quale Epitteto insultò il papa, colloquio che finì con l’esilio del pontefice e (cf. Theodoreti Hist. eccl., II, cc. 13-17, in Migne, P. G., LXXXII, ed. Parmentier, Leipzig, 1911, p. 133, 11 ss.).
                Nel 357 Epitteto viene citato in una lettera (J-L, 218) di papa Liberio dall’esilio, lettera però non ritenuta autentica da tutti i critici.
                S. Ilario (in vol. LXV del CSEL, p. 87), riferendo una lettera del concilio di Rimini (a. 359) all’imperatore Costanzo, parla di « Epictetus et ceteri qui haeresi consenserunt », onde si deduce
che il vescovo di Centumcellae presente a Rimini e sottoscrisse la formula incriminata.
                S. Ilario stesso (o.c., p. 115) afferma che Epitteto nel concilio di Rimini condannò papa Liberio.
                Nel 383-4 due preti della setta dei luciferiani scrivevano (in vol. XXV del CSEL, p. 13) che «Epictetus atrox ille et dirus de Centumcellis episcopus » avrebbe tormentato e fatto morire un Vescovo Rufiniano confessore (della fede nicena). A quel tempo però Epitteto era morto, o non più vescovo di Centumcellae.


Della Istoria ecclesiastica descritta da fr. Giuseppe ..., Volume 1;Volume 6

 



Figura 4 – Notizie del Vescovo di Cetumcellae Epitetto II


Figura 5 Bibliografia su Centumcellae