sabato 15 giugno 2013

Il Dottor Pietro Valdoni, il Chirurgo che salvò Palmiro Togliatti dopo l'attentato



Il medico di Giovanni XXIII, che salvò la vita a Togliatti,
trascorreva le vacanze a Santa Marinella

Livio Spinelli

Pietro Valdoni, operò, salvandogli la vita,
Palmiro Togliatti, ferito alla testa da un attentatore.
Ma quando Togliatti ricevette la parcella la trovò salata,
e accompagnò il pagamento con queste parole:
“Eccole il saldo, ma è denaro rubato ….”
Valdoni rispose:
Grazie per l'assegno ma
la provenienza… non mi interessa”.
(Indro Montanelli)

     Santa Marinella - la Villa del dottor Pietro Valdoni (quella bianca in fondo alla foto )



Con questa battuta di Indro Montanelli iniziava pochi giorni fa una trasmissione per rievocare il prossimo 60° anniversario dell’attentato a Palmiro Togliatti del 14 luglio 1948, con Ettore della Giovanna che intervistava Pietro Valdoni, il medico di Papa Giovanni XXIII, che salvò la vita a Togliatti. Erano citati alcuni brani del libro di Giorgio Bocca su Togliatti e il capitolo in cui narra quando “il Migliore” veniva a Santa Marinella a rendere omaggio a donna Camilla Ravera. Anche il Professor Valdoni tuttavia era di casa – anzi aveva una casa a Santa Marinella – avendo sposato Primavera (Vera) Gioconda Lodi, che tutti chiamavano Pripri, nipote di due famosi giornalisti: Luigi e Olga Lodi, pionieri della perla del Tirreno.  Dalla terrazza della villa di Nelida Malgeri con uno scorcio di Santa Marinella, compare il professor Pietro Valdoni che  tiene circolo fra alcune belle signore, e parla arrotando un poco l'erre con un lieve accento veneto. La telecamera scruta le sue mani forti e sottili, con unghie di un disegno marcato, e polpastrelli a piccola rotondità propri di chi ha sviluppatissimo il senso del tatto: sembrano le mani di un musicista. Sorride spesso, mostrando una dentatura bianca e perfetta. Ha l'aria molto soddisfatta, perché parla dei suoi sei nipotini e racconta: “L'altro ieri. ho pesca­to quarantadue aragoste. E la settimana scorsa ne ho pesca­te trentasei.“ Poi tace per un momento, per dare libero sfo­go alle esclamazioni di ammirazione dei presenti. La padrona di casa, cortesissima e affettuosa, doman­da: “Quante ne hai pescate?” E Valdoni non esita  a ripetere: “L'altro ieri, quarantadue, e la settimana scorsa, trenta­sei. Ho qui in casa sei nipotini da sfamare, e debbo pur procurare il pe­sce per loro. Le aragoste si pe­scano là dove il mare sembra più chiaro e anche più opaco, nella luce della luna, c'è una secca. Ma, ammette sono stato fortunato. C'era stato tempo cattivo, allora la pesca è stata buona. Biso­gna sempre pescare le aragoste dopo il cattivo tempo, per­ché le acque sono ancora torbide, e le ara­goste non vedono, col bel tempo non si prende nulla. !  Le aragoste si pescano col tramaglio, che è una rete di fondo: entrano nella rete, e poi si tira su. Io le so anche cucinare”, Nelida annuisce e Valdoni allora descrive l'operazione di cottura delle aragoste, che non è priva di crudeltà: “Eh, sì, bisogna met­terle nell'acqua bollente quan­do sono ancora vive, tuttavia dopo poco che sono pescate hanno perduto molta della loro sensibilità, sono intontite.“ Un’altra signora gli domanda se egli si è specializzato in aragoste, poiché sembra che sappia  tutto sull'argomento e il dottor Val­doni ride e dice: “ No vado a pesca anche con la coffa”. Il silenzio con cui l'affermazione è accolta, è quello caratteristico di una curiosità, di chi non osa neppure porre una domanda per timore di deviare il discorso. “ La coffa è un attrezzo da pesca molto sem­plice, è una corda lunga an­che tre o quattro chilometri dalla quale si dipartono, a intervalli regolari, tante cordicelle lunghe un metro circa: all'estremità di queste cordicelle c'è l'amo con l'esca. L'esca è importan­te occorrono le sardine. Prima di uscire con la coffa, esce la cenciolla, una grossa barca seguita da tre barchini, vanno al largo, di notte, e tendono una rete a semicerchio, a forma di sacca aperta da un lato. Poi illuminano il mare, anche se  la cenciolla non è una lampara, perché ha un sistema diverso di produrre l'energia elettrica a bordo, con un gruppo elettrogeno azionato da un motore a nafta che fa tuf‑tuf... La cenciolla pesca le sardine che, attratte dalla luce, si infilano nella rete. Quando il banco di sarde è entrato nella rete, le quat­tro barche si avvicinano, si stringono, chiudono  l'orifizio della rete e tirano su.  A Santa Marinella c'è una sola cenciolla, e una volta ha preso due quintali di sarde, ma  è stata la sola pesca buona.” Valdoni che ha molti amici tra i pescatori di Santa Marinella, continua a raccontare: “Qui la chiamano la coffa ma  si chiama palàngaro. Ad ogni amo all’estremità di quelle tali cordicelle, si attacca una mezza sarda, e poi si cammina, lasciandosi dietro la coffa. Quando si è giunti alla fine, si torna indietro, e si tira su. Sì, subito, è una pesca rapida, perché il pesce, o abbocca subito, o non abbocca più, e poi la sarda infilata sul­l'amo non resiste più di un’o­ra o due. Le pulci di mare se la mangiano “. Valdoni dice che pesca un po' di tutto, ma non mangia pesci, non gli  piacciono, e allora afferma convinto: “Qui a Santa Marinella pesco anche il pesce più bello del mondo. E' l'occhiata, ed è stupenda. Come lo posso descrivere? Immaginate una signorina, è una deliziosa signorina, elegante, delicata, giovane, fresca. Insomma, se io devo immaginare il pesce ideale, se dovessi disegnare un pesce, un animale che mi desse meglio di ogni altro l'idea del pesce, disegnerei l'occhiata. E' fine, argentea, con una mac­chiolina nera sul peduncolo della coda, non è buona da mangiare, ma è bella”. A sentirlo, si direbbe che è professore di ittiologia, invece che di clinica chirurgica, ma non parla soltanto di pesca, è al corrente dei fatti del mondo, della politica italiana e degli affari internazionali. Conosce i per­sonaggi più illustri di quasi tutti i Paesi ed i suoi giudizi sono sempre amabili ma acuti, parla di Kennedy, Togliatti, Giovanni XXIII, Paolo VI, di Cuba e del Vietnam. Poi la curiosità dell’intervistatore passa alla tavola, chiedendo al professor Valdoni  cosa mangia per poter lavorare con tanto vigore e mantenere quel suo aspetto giovanile dell’uomo in  perfette condizioni di salute. E' presto detto: mangia ap­pena una volta il giorno, da anni e anni, da sempre. La mattina, alle sei e mezza, prende alcune tazze di tè senza un biscotto, senza un crostino, nulla. Poi, durante tutto il giorno, durante le molte e lunghe ore in sala operatoria e in clinica, non mangia neppure un panino, quando si dice nulla, è nulla, beve solo qualche caffé, pochi, e parecchie bottiglie di Coca‑Cola. La sera alle sette, inizia le visite dei Pazienti nello studio privato, e chiude la giornata, di solito, verso le dieci e mezza; allora consuma il suo unico pasto, duecento grammi di carne, insalate, verdure e frutta. Non va subito a letto, lavora ancora un’ora o due, o intorno agli scritti scientifici, o per sbrigare la corrispondenza, e si addormenta ver­so mezzanotte e mezza per dormire le sue sei ore, non di più, semmai di meno. La domenica mangia gli spaghetti. Beve ?  Sì, un po' di vino ai pasti, due o tre bicchieri”. “Fuma?” - chiede Ettore della Giovanna – “ Si “ confessa Valdoni “mi piace fumare”, mentre una elegante signora accanto a lui ribatte, con tono incoraggiante: «Ma fumerà pochissimo. Poche sigarette il giorno... » Valdoni si fa serio e risponde: “ No, fumo abbastanza “ Ma non dice  quante sigarette il giorno, e nessuno glielo chiede. In questo mo­mento Pietro Valdoni è  il chirurgo ideale, lo scienziato ideale, per le signore è forse anche l’uomo ideale, famoso, dotato di qualità eccezionali, buono, generoso, e saremmo più soddisfatti se ci dicesse che non fuma. E’ difficile resistere alla tentazione del mito che nasce spontaneo dall’ammirazione, e che rischia quasi sempre di naufragare nei luoghi comuni della nostra immaginazione. Allora bisogna trovargli un difetto: corre troppo in automobile. Nel traffico dell’Aurelia fila via al volante della sua Alfa Romeo, e semina quasi la troupe televisiva. Quando finalmente arrivano a Santa Marinella e glielo fanno notare, lui risponde: “Ma se andavo piano, appunto perché voi mi seguivate e non volevo che mi perdeste di vista.” Male! Molto male! Professore, conclude sorridendo l’intervistatore mentre dietro di loro scorrono le immagini di una sfilata di Alta Moda allo Sporting Club di Santa Marinella.

 





















 

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